Rai – Sanremo. Il thriller che mancava

festival sanremo

Se ne parla anche sotto l’ombrellone, si scommette. Ma non sul prossimo vincitore. Bensì sulla location del prossimo Festival della Canzone Italiana. Sanremo sembra prossima a passare il testimone ma in molti azzardano che la vicenda possa risolversi in un nulla di fatto. Un lieto fine insomma auspicato un po’ da tutti e sul quale puntano gli attori principali di una storia che ha coinvolto persino il Consiglio di Stato. Lo sanno bene sia in Rai che al Comune della cittadina ligure: uno strappo definitivo alle trattative in atto arrecherebbe danni economici non di poco conto. Con prevedibili conseguenze in ambito politico. Vediamo allora da vicino i termini della questione e soprattutto la piega che essa può prendere sin dai prossimi giorni visto che a Viale Mazzini hanno lanciato l’ultimatum per chiudere entro ferragosto. Tutto nasce da una sentenza del TAR della Liguria emessa il 5 dicembre 2024.  

Il relativo ricorso era stato proposto l’anno prima da Sergio Cerruti in rappresentanza della JE s.r.l. una casa discografica indipendente, e non solo. Cerruti, in sostanza, a marzo 2023, come si evince da “Il Sole 24 Ore”, aveva presentato al Comune di Sanremo una Manifestazione di interesse “ad acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo (compreso il Red Carpet) e del relativo marchio per curare l’organizzazione e lo svolgimento del Festival”. Ma, dal Comune, non c’era stato alcun riscontro. La JE, quindi, impugnava il provvedimento con cui il Comune di Sanremo avrebbe affidato a Viale Mazzini la concessione dell’uso in esclusiva del marchio “Festival della Canzone Italiana” (di cui è titolare dal 2000) e lo svolgimento della 74esima edizione del Festival, e delle edizioni a seguire.

Da qui, la sentenza cui si accennava, con la quale il Tar si diceva favorevole alla Società di Cerruti. In essa si stabiliva che, lasciando immutata nel procedimento l’edizione n. 75 della kermesse, per quelle a seguire “il Comune dovrà procedere a una gara pubblica aperta agli operatori del settore interessati”. In sostanza il Tribunale amministrativo ligure ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla Rai da parte del Comune. Un elemento piuttosto strano, ma semplificativo almeno per ora, è venuto ad aggiungersi lo scorso 19 maggio. Quella data costituiva il termine entro il quale bisognava presentare le buste per partecipare alla gara pubblica che avrebbe assegnato, per il triennio 2026-2028 (più ulteriore biennio), l’organizzazione e la trasmissione del Festival di Sanremo.

Ebbene, l’unica emittente a proporsi è stata proprio quella pubblica. Le cause della rinuncia da parte dei competitors, dicono gli esperti, potrebbero attribuirsi a qualche clausola di troppo prevista nel bando. Come quella definita anti-flop. Con essa il Comune sanremese può recedere dal contratto se lo share di ascolti facesse registrare una flessione superiore al 15% rispetto alla media delle precedenti cinque edizioni. Nel bando però figura anche qualche ritocchino più squisitamente economico. Ed è quello che fa agitare, e non poco, l’AD di Rai Roberto Sergio con polemiche divisive, si dice, anche nell’ambito dello stesso CDA aziendale. Il Sindaco Alessandro Mager e la Giunta della Città dei Fiori, nero su bianco, avrebbero stabilito in 6,5 milioni di euro il nuovo corrispettivo (era di 5 mln) con una partecipazione, e questa è una novità assoluta, agli introiti pubblicitari nella misura dell’1%.

Si tratta, si tratta già da un po’. Forse ancora per qualche giorno. Ma attenzione, perché eventuali sconti potrebbero essere impugnati anch’essi. E allora si tornerebbe alla casella iniziale. Certo una svolta di tipo procedurale c’è stata, visto che a fare chiarezza è stato chiamato finanche il Consiglio di Stato. Che ha confermato, esaminando il ricorso congiunto al TAR di Rai e Comune, quanto sentenziato dall’Organo amministrativo preposto. È per questo che ora è vietato sbagliare. La ricetta è quella. Si cercano soluzioni appropriate. Ma guai a pensare a soluzioni “di forza”. Rottura significherebbe suicidio. E il fardello delle responsabilità sarebbe veramente ingombrante.